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     inscat.gif (53777 byte) Diocesi di "Teano-Calvi"- Concattedrale

Cattedrale romanica (sec. XI)

Parrocchia di "S. Casto nella Cattedrale" , intitolata a "Maria Vergine Assunta in Cielo" e "Chiesa madre nella Città di Calvi"

Comune di Calvi Risorta (Caserta)

(Sac. Prof. Antonio Santillo - 0339-3668906)

IL CULTO di S. CASTO M.

I° VESCOVO E PATRONO DELLA DIOCESI Dl CALVI

Pur senza nulla togliere alla credibilità della Tradizione, ovviamente più prolissa ed episodica, sembra sufficiente, oltre che più conveniente, riportare ciò che della vita e martirio del I° Vescovo e Patrono Principale di tutta la Diocesi di Calvi si legge nel "Proprium Sanctorum" traducendolo testualmente dalla lingua latina: "Casto, che si venera quale 1° Vescovo di Calvi, dopo d'aver rinnegata l'avita superstizione, si diede aIla sequela di Cristo. Subito, abbandonati gli allettamenti e le seduzioni del secolo, per niente atterrito dalla crudeltà del tiranno e dall'atrocità dei tormenti, iniziò immediatamente a professare, confermare e diffondere la Religione abbracciata e tanta era la profusione delle virtù di cui rifulgeva, che facilmente era dato constatare essere egli pervenuto al sommo apice della perfezione cristiana".

Si può appena immaginare quanti, rinunziando, sul suo esempio, alla falsa religione dei gentili, abbiano abbracciato la religione cristiana.

Elevato alla dignità episcopale, è difficile dire quanto si sia adoperato per condurre il gregge a lui affidato sulla retta via della salvezza.

Favorito da Dio del molteplice potere dei miracoli, molto spesso restituì la vista ai ciechi e la sanità agli storpi ed afflitti da varie malattie. In maniera particolare, la sua portentosa prerogativa rifulse nel liberare gli energumeni dal maligno.

Intanto, i sacerdoti degli idoli, temendo che dall'operato di Casto fosse potuta essere distrutta la loro religione, lo accusarono presso Messalino, Preside della Campania. Costui, posta in vari modi, ma inutilmente alla prova la costanza di Casto nella fede, ordinò, presso la città di Acquaviva, che fosse percosso con verghe e bastoni e poi, insieme a Cassio, Vescovo di Sinuessa, bruciato vivo.

Usciti i Santi Vescovi miracolosamente illesi da quelle fiamme ed attribuendo ciò Messalino ad opera di magia, li fece condurre nel tempio di Apollo, perché offrissero incenso all'idolo. Ma, mentre erano tutti colà riuniti, improvvisamente, il tempio crollò seppellendo sotto le sue rovine tiranno e popolo e lasciando sani e salvi soltanto Casto e Cassio.

Finalmente, condotti da Acquaviva a Sinuessa e sottoposti prima alla lapidazione, trafitti poi dalla spada, gli invitti atleti di Cristo ottennero la palma del martirio. Subito i Calvesi elessero a loro Patrono il Vescovo che così intrepidamente aveva sparso il sangue per Cristo e con ogni onore ne nascosero il Corpo nella Cattedrale di Calvi.

Ancora oggi un Braccio di esso viene esposto alla pubblica venerazione.

Tale il racconto della vita e martirio del 1° Vescovo della Diocesi di Calvi, S. Casto, quale si legge nel "Proprium Sanctorum pro Diocesi Calvensi", nel giorno della sua festa liturgica, il 22 maggio. Ovviamente esso è meno abbondante e ricco di episodi di quello pervenutoci dalla Tradizione ma, nella sostanza, non se ne discosta molto.

Secondo la Tradizione, per 39 giorni le Sacre Spoglie rimasero insepolte, fino a quando, nella notte del 1° Luglio dello stesso anno, 66 d.C., alcuni devoti di Calvi, raccoltele nascostamente, le trasportarono nella loro cittadina, seppellendole in una località rimasta per molto tempo segreta, quasi sicuramente quella su cui, agli inizi del IV secolo, il Vescovo di Calvi, Calepodio (307), il 1° di cui si abbia ufficialmente notizia dopo S. Casto, eresse il primo altare in suo onore e dove, nel corso dello stesso secolo IV, venne costruito il primo tempio (la Cattedrale di Calvi), dedicata a S. Casto Vescovo e Martire.

Di tale tempio, denominato in seguito "S. Casto Vecchio", non restano, al presente, che pochissimi ruderi, sotto la campata del ponte dell’Autostrada del Sole, a poca distanza dal parcheggio "Cales", in direzione Nord.

All'origine, fu una basilica cimiteriale ad una sola navata, orientata a settentrione invece che ad oriente, come quasi tutti gli edifici sacri del tempo.

Alla fine del secolo VIII, fu trasformato in basilica a tre navate. Un secolo dopo, venne completamente distrutto, insieme all'antica Cales, nella feroce lotta accesasi tra i nipoti del Vescovo -Conte di Capua - Pandolfo.

Ricostruito, poi di nuovo distrutto, fu rifatto per la quarta volta, dopo l'anno Mille, rimanendo aperto al culto fino al 1782, quando, dichiarato ormai inagibile, venne abbandonato definitivamente.

Aveva sicuramente una "Cattedra Vescovile", vista dallo storico Cerbone alla fine del XVII secolo, con immagine ed iscrizione di S. Casto V.M., senz'altro molto più antica di quella che, attualmente, s'ammira nella Cattedrale di Calvi, ornata sì di artistici mosaici, a disegno geometrico, nei braccioli e nella cuspide, ma senza né immagine né iscrizione di S. Casto. Di essa purtroppo non si è trovata più traccia.

Al presente, come si diceva, dell'antica Basilica paleocristiana del IV secolo non restano che pochissimi ruderi, in completo abbandono: una parte dell'abside ed una del muro della primitiva facciata.

LA RELIQUIA DEL S. PATRONO

Come già riferito, il Corpo di S. Casto, dopo il martirio della decollazione (22 Maggio 66 d. C.), rimase insepolto per ben 39 giorni, fino a quando cioè, il 1° Luglio dello stesso anno, alcuni cristiani calvesi, raccoltolo nascostamente, lo trasportarono dalla città di Sessa a Calvi, dove rimase per 9 secoli esatti.

Nell'anno 966 d. C., infatti, Landone, Duca di Gaeta, rapitolo nottetempo, lo trasportò in quella città.

All'epoca, era Vescovo di Calvi Andrea Diacono il quale, venuto a conoscenza della cosa, cercò il corpo del S. Martire e, dopo due anni, ne ottenne dallo stesso Landone una Reliquia (un braccio).

Nel 1520 il Vescovo Giovannantonio Del Gallo fece costruire una Teca d'argento, a forma di braccio, includendovi la S. Reliquia, con la spesa di 50 ducati offerti, a tale scopo, da un devoto di S. Casto, tale Giovanni Antonio Pellecchia.

Non essendo però bastata tale somma, furono venduti anche i paramenti sacri forniti dalla stessa famiglia Pellecchia alla Cappella detta delle Reliquie nella Cattedrale di Calvi, a sinistra dell'Altare Maggiore. Un altro Vescovo, Mons. Gennaro Filomarino (1623-1650) fece adattare al Braccio d'argento un piedistallo di "ramocipro". Tutta la Teca era alta circa 40 cm.; la S. Reliquia che si esponeva alla pubblica venerazione nei giorni 21 e 22 Maggio (quest’ultimo, giorno della morte, "dies natalis" di S. Casto), era conservata in una nicchia, di marmo finissimo, posta su di un antico altare della Cripta della Cattedrale. Il resto del Corpo di S. Casto rimase al Duomo di Gaeta.

Il 23 Maggio 1858, nella notte seguente alla festività del S. Patrono, la preziosa Teca d'argento contenente la S. Reliquia (il braccio) fu trafugata da ignoti ladri. Dolentissimo di tale perdita, il Capitolo Cattedrale di Calvi si rivolse all'Arcivescovo di Gaeta del tempo, Mons. Filippo Gammarota, per avere un'altra Reliquia del S. Protettore.

Furono a ciò deputati due Canonici: D. Antonio Izzo, eletto più tardi Vescovo di Isernia e Venafro, e D. Michele Castagna di Sparanise.

Accolti benevolmente dal suddetto Arcivescovo, ottennero dallo stesso una Reliquia del Cranio di S. Casto, quella che al presente si espone alla venerazione dei fedeli nel giorno della Sua Festa liturgica, il 22 Maggio.


LA CATTEDRALE ROMANICA DI CALVI (Monumento Nazionale)

(I dati riguardano lo stato della Cattedrale prima dei gravi danni causati dal terremoto del 23 Novembre 1980).

intcat2.gif (38404 byte)La Cattedrale Romanica (sec. XI)

La Cattedrale di Calvi, costruita quasi sicuramcnte alla fine dcl IX sccolo, come la maggior parte delle basiliche e cattedrali, e orientata ad est, dove sorge il sole, simbolo del Cristo Risorto. La facciata rivolta a ponente e monocuspidale, con la navata centrale a doppio spiovente e le altre laterali ad uno solo, incassato nel muro perimetrale della navata centrale. Attraverso i secoli ha subito vari rifacimenti e molti sono stati i Vescovi interessati ad essi. Ricordiamo tra gli altri Mons. Angelo I.Mazziotta, Canonico di Capua e poi Vescovo di Calvi che nel 1445 fece riparare la cattedrale Raffigura lui la notevole scultura marmorea di un Vescovo dormiente al lato sinistro della porta della sacrestia.altare.gif (31117 byte) Ricordiamo ancora Mons. Fabio Maranta che alla fine del XVI secolo amplio notevolmente la sacrestia; Mons. Filippo Positano che nella prima meta del XVIII secolo fece praticare l'ampio viale che dalla S.S. Casilina porta alla Cattedrale; Mons. Gennaro Danza che doto la Cattedrale dell'artisitco altare maggiore. tabern.gif (41914 byte)Il Vescovo che piu di tutti si interesso della Cattedrale fu senza dubbio Mons. Giuseppe Maria Capece Zurlo, eletto poi Cardinale - Arcivescovo di Napoli.

(Tabernacolo-altare Santissimo)

 

 

 

cripta.gif (33210 byte)A lui, infatti, si debbono le due scale di marmo che portano alla Cripta e l'altare, anch'esso di marmo, dove riposano le reliquie del 1° Vescovo della Diocesi di Calvi, S.Casto Martire ( 66). Nel I778 fece pavimentare l'intera cattedrale con vaghe e variopinte maioliche e, un anno dopo, rinnovo quasiprimacc.gif (39722 byte) completamente l'antica sacrestia voluta dal Maranta ed ampliata poi dal Positano, facendovi dipingcre dal noto pittore Angelo Mozzillo, insieme a motivi florcali, di stile pompciano, lc effigic di tutti i Vescovi di Calvi. di cui si conservava mcmoria: dal 1°, S Casto, fino a Lui. I ritratti dipinti in medaglioni, lungo tutte le pareti della sacrestia, da Mons. Zurlo in poi, sono tutti autentici; gli altri sono per la maggior parte immaginari. Assolutamente originario e di pregevolissima fattura e il portale marmoreo che s'apre nella parte inferiore della facciata: un lunettone a tutto sesto di marmo Lunense, portale.gif (28830 byte)con nel giro esterno un fregio a bassorilievo e due medaglioni alla sommita degli stipiti. Il Bertaux volle vedervi il tocco del celebre scultore Taddeo da Sessa.(l) Verso la fine della prima meta del secolo XVIII, I'originario classico stile romanico fu trasformato completamente in quello barocco. Le svelte ed agili colonne vennero sostituite (o incorporate3 da robusti pilastri, il severo soffitto orizzontale fu interamente barocchizzato con volte a botte e vela inquadranti le finestre aperte nella parte superiore dei muri della navata centrale, il presbiterio fu delimiato da una transenna barocca di marmi intarsiati.absest.gif (35620 byte) La parte meglio conservata dell'antico complesso monumentale e, sicuramente, quella posteriore formata di tre absidi semicircolari sporgenti dal muro perimetrale con una serie di archetti a tutto sesto sotto una cornice a dentelli. L'abside centrale, più alta, presenta due semicolonne in tutta la sua altezza e due monofore a tutto sesto; una terza, la centrale, venne in seguito murata.

 

pulpito.jpg (191854 byte)Il pulpito (ambone) di marmo e sorretto da due colonne, con Bertaux.;: L'art dans L'ltalie meridionale, Paris, 1906. La Diocesi di Calvi,  50 ricchi capitelli sormontati da un architrave a bassorilievo, raffigurante una scena di vendemmia con baccanti (sec. Xl e Xll). Le due colonne poggiano su due leoni, anch'essi di marmo, con le teste rivolte all'altare. Tre riquadri ne ornano la parte superiore di cui, il centrale, a mosaico con in mezzo un disco di porfido rosso. Un vero gioiello d'arte deve considerarsi la cattedra di marmosedia.jpg (116705 byte) sostenuta da due animali bardati (forse tapiri), anch'essi di marmo. Presenta due riquadri nei braccioli ed un'alta cuspide, il tutto rivestito da mosaici a disegno geometrico in tessere dai colori vivaci .La pedana poggia su due leoncini di marmo. Un residuo di colonna romana, con capitello ionico a foglie e fiaccole, forma il Battistero. Sotto il presbiterio, infine, si trova la Cripta sorretta da 21 colonne di granito cipollino, lisce o scanalate, con capitelli, ognuno diverso dall'altro, provenienti dall'antica Cales.Si auspica un efficace intervento da parte della Soprintendenza ai Monumenti e Belle Arti, affinche la monumentale Cattedrale romanica, una volta riparati i gravissimi danni causati dal recente sisma de 23 novembre 1980 e, una volta rimosse le anomale sovrastrutture barocche che, per oltre due secoli, I'hanno a dir poco sfigurata se non proprio snaturata, possa, quanto prima, essere ricondotta alle originali linee architettoniche, quali sono inopinatamente venute alla luce, insieme a dellc decorazioni, sia nella navata centrale che nelle duc collaterali.


S. C A S T O V E C C H I O

In piedi ai tempi del Cerbone (1685) che ne descrive la festa che ivi cominciava il 2I maggio e poi terminava in cattedrale il 22, già appariva diruta ai tempi dello Zona (1800). Si crede che fosse la chiesa più antica di Calvi. La sua origine si perde anch'essa nella notte dei tempi. Il medesimo Zona cita un antico calendario che riferisce: "Calepodius Cales episcopus circa annum 307, altare in honorem Sancti Casti, sui praedecessoris, aedificavit, in quo eiusdem Sancti Martiris corpus collocavit, ibique sacrum quotidie faciebat ..". Il passo riportato è una testimonianza o una tradizione? L' ipotesi di una tradizione è la pessimistica e nella storia la piú probabile. Forse bisogna lasciar da parte la tradizione per rifarsi ad un esame del luogo. Già P. Ferrua, nel citato articolo della Civiltà Cattolica, la giudica dai resti che tuttora si possono osservare e specialmente dalla abside da cui domina una più recente figura di Vescovo, di antichissima costruzione. Nè ora si può sapere se fosse stata di una sola navata o a tre navate. Senza dubbio si tratta di una basilica cimiteriale. Il Ferrua lo argomenta dalla lapide di Giusto Vescovo trovata nei pressi di detta chiesa. Ma se ci fossero ancora dubbi ora restano dissipati, perché negli scavi eseguiti per gettare le fondamenta delle formidabili colonne in cemento che sostengono la carreggiata della Autostrada del Sole, sono apparsi molti loculi. Basilica cimiteriale dunque, in onore di quale Santo ? La tradizione chiama il luogo: S. Casto Vecchio. In onore di S. Casto, dunque ? Ivi fu trovata, non molti anni or sono, un'altra lapide che custodita gelosamente dal Dott. Oreste Mancino, ora trovasi murata in una parte d'un terrazzo di una sua casa di campagna. E mi permetto di pregare gli eredi del compianto Dott. Mancino di donare la preziosa lapide alla Cattedrale. Essa, dunque, decifrata da P. Ferrua, dice:

"HIC REQUIESCIT IN SOMNO PACIS

CELERIUS JUSTINIANUS

QU(I) VIXIT A(n)NOS v ET PER IPSUM LOCUM

VOS COIURO (ne) QUIS (S)UPER IPSUM

PONATUR QUIA ISTE LOCUS A PRIUS SANCTUS EST"

La data dev'essere su per giù, quella del Vescovo Giusto. Nella lapide si afferma che da molto tempo quel luogo è sacro. Il fanciullo Celerio Giustiniano, morto all'età di anni 5, scongiura che nessuno fosse sovrapposto su di lui, avendo scelto lui (o meglio chi per lui) quel luogo, perchè è luogo santo "a prius" ». Allora i cimiteri non erano ancora chiamati camposanti; nome che derivò per primo al cimitero di Pisa per essere coperto di terra di Palestina, portata a Pisa con navi. Ma santo per la presenza in quel luogo di un Santo. Chi è questo Santo? Perché quel luogo si chiama S. Casto Vecchio? I nostri storici del secolo scorso, davanti a queste nostre induzioni, illazioni, conclusioni così caute, timide e guardinghe, sarebbero rimasti scandalizzati. Ma noi siamo figli dei nostri tempi e siamo critici e vogliamo le prove. Gli storici Cerbone, Zona e Ricca credevano ciecamente che S. Casto fosse stato consacrato Vescovo da S. Pietro o da qualche suo discepolo. Quelli di questo secolo non ci hanno creduto. I dati in nostro possesso, mentre ci rendono cauti nelle affermazioni, non possono renderci derisori della tradizione. Solo scavi, portati avanti con passione da un competente, possono dire 1'ultima parola, che se fosse, nella peggiore delle ipotesi, negativa sull'antichità di S. Casto e sulla tradizione di una sua consacrazione dal Principe degli Apostoli o da qualche suo discepolo, resta sempre dimostrato che la Fede che noi oggi abbiamo si è mantenuta sempre viva, lineare, limpida, sia pur modesta e pudica. Come 1' acqua del rio di Calvi che nascendo dal monte Callicola o monte di Rocchetta (come lo chiamiamo oggi) scorre senza strepito verso il mare.

LA LAPIDE TOMBALE DEL FANCIULLO

"CELERIO GUSTINIANO"

Agli inizi degli anni cinquanta, nella stessa area in cui fu rinvenuta la lapide tombale del Vescovo Giusto, venne alla luce un'altra lastra di marmo, rotta in più pezzi (quattro, i più grandi) che, messi insieme, davano, tradotti dall'originale latino la seguente iscrizione: " + Qui riposa nel sonno della pace Celerio Giustiniano che visse cinque anni; vi scongiuro per lo stesso luogo di non porre un altro sopra di lui stesso perché questo luogo è santo dall'inizio''. La data della lapide è su per giù quella stessa del Vescovo Giusto (fine del V secolo) e pertanto assume anch'essa una particolare importanza. Nell'iscrizione, come facilmente è dato rilevare, si prega di rispettare la tomba di un fanciullo (Celerio Giustiniano) e ciò per la stessa santità del luogo. Ovviamente il motivo che rendeva santo quel luogo non poteva essere altro se non la presenza in essa del Corpo di qualche Santo Martire venerato dai fedeli cristiani, di S. Casto appunto. A conferma, infatti, anche a prescindere che ancora oggi quella località viene indicata col nome di S. Casto ("S. Casto Vecchio"), sta soprattutto il fatto che, proprio poco lontano dal rinvenimento.


Sarcofago, una delle opere più note della produzione 

scultorea d'età Longobarda in area capuana

In un articolo, firmato dal collega Del Barone e da Mario Falcone,
 apparso il 1 dicembre 2000 sulla pagina
culturale del "Giornale di Caserta",segnalammo la conclusione della
grande mostra bresciana "Il Futuro dei Longobardi",
in cui erano stati esposti diversi reperti di età
longobarda provenienti dalle collezioni del Museo
Provinciale Campano di Capua e dai depositi della
Soprintendenza B.A.A.S. di Caserta e Benevento.
Tra questi reperti, come forse già saprà, v'era
anche la lastra di Calvi, senz'altro uno dei pezzi
più prestigiosi provenienti dal nostro Meridione o,
se vuole, dalla "Langobardia Minor".
La lastra è sicuramente una delle opere più note
della produzione scultorea d'età longobarda in area
capuana e la sua presenza ad una mostra di livello
internazionale fu sicuramente, come sottolineammo
nell'articolo, motivo di soddisfazione e di orgoglio
per le amministrazioni che consentirono il prestito
e, naturalmente, per la Nostra Terra custode, nei
secoli, di un tesoro tanto importante.
La scheda della lastra per il catalogo della mostra
bresciana fu egregiamente curata dal prof. Valentino
Pace.  Un'immagine della lastra, ancora inserita
nell'archivolto del portale laterale, fu pubblicata
già in M. D'Onofrio e V. Pace, "La Campania" (5º vol.
di "Campania Romanica"), Milano 1980. Nella stessa
pubblicazione un intero capitolo è dedicato alla
Cattedrale di Calvi.
Una delle rappresentazioni più vecchie (se non la
prima!) della lastra di Calvi è contenuta in E. Bertaux,
"L'Art dans l'Italie méridionale", Paris-Rome 1903.
Si tratta di una minuta foto in b/n, di cui purtroppo
non dispongo neanche in fotocopia poichè gli esemplari
di questo testo conservati presso la Biblioteca della
Soprintendenza e la Biblioteca Nazionale di Napoli
sono esclusi dal prestito e dal servizio fotocopie.
Sulla lastra di Calvi si sofferma anche il prof. F.
Gandolfo in una sua recente pubblicazione: "La
scultura normanno-sveva in Campania", Bari 1999
(anche in questo caso, se non ne dispone già, saró
felice di poterLe fornire fotocopia).
Tale è la scansione dell'immagine "ufficiale" della
lastra di Calvi, cosí come pubblicata in: AA.VV.,
"Il Futuro dei Longobardi - L'Italia e la costruzione
dell'Europa di Carlo Magno", Milano 2000, fig. 309.
La relativa didascalia recita: «309. Il sarcofago di
Calvi, IX-X secolo, sarcofago con clipeo di defunto,
marmo, 71 x 232 x 17 cm, Caserta, Soprintendenza per
i B.A.A.A.S. di Caserta e Benevento (cat. n. 430)».

La lastra di Calvi, in attesa del suo ritorno, è
sicuramente meritevole di essere ricordata, prima che
sul territorio d'origine se ne perda memoria, ai
fedeli e ai visitatori anche mediante la semplice esposizione
di una foto e di una sintetica scheda all'interno
dell'Edificio Sacro. E' giusto che la cittadinanza di
Calvi vada orgogliosa di una testimonianza tanto
importante della scultura altomedievale e che sappia
di aver degnissimamente contribuito con uno dei suoi
tesori al prestigio ed alla piena riuscita di uno dei
maggiori eventi culturali europei del 2000.


DICHIARAZIONE

R. SOPRINTENDENZA AI MONUMENTI della CAMPANIA
Napoli, 14 febb. 1941-A,XIX
All'E. il Vescovo di Calvi

Oggetto: "Calvi-Cattedrale - Dichiarazione di Monumento Nazionale"

CON DECRETO REALE IN DATA 21 NOVEMBRE 1940 XIX- N. 1746, PUBBLICATO NELLA GAZZETTA UFFICIALE DEL
3 GENNAIO 1941, N. 2, E' STATO DICHIARATA MONUMENTO NAZIONALE LA CHIESA CATTEDRALE DI CALVI .
Firm. Il Soprintendente (firma illeggibile)


PRIMA DELL'UNIONE ALLA DIOCESI DI TEANO

A differenza delle altre, la Diocesi di Calvi, per oltre 18 secoli, non fu mai unita ad altre sedi Vescovili. Mentre, infatti, verso la fine del IX secolo, in occasione della divisione dei Vescovadi verificatasi tra Landinulfo e Pandolfo, quest'ultimo Vescovo - Conte di Capua, molte Sedi Vescovili furono annesse alla Diocesi di Capua, quella di Calvi rimase autonoma ed indipendente. La ragione alcuni autori la trovano nel fatto che, all'epoca, le rendite della Mensa Vescovile di Calvi erano molto cospicue.

Ancora trecento anni dopo, nel secolo XII, mentre troviamo la Diocesi di Isernia già unita a quella di Venafro, per la Diocesi di Calvi dovranno trascorrere ben oltre settecento anni prima di essere unita alla diocesi di Teano.

Fu solo, infatti, nella prima metà del secolo XIX, esattamente il 28 giugno dell'anno 1818, che, durante l'Episcopato di Mons. Andrea De Lucia, il Pontefice Pio VII, con Bolla Apostolica "De utiliore Dominicae", decretava l'unione, "aeque principaliter", delle diocesi di Calvi e Teano.

A solo titolo di cronaca, notiamo che i Vescovi dipinti dal Mozzillo e disposti cronologicamente in serie lungo tutte le pareti della sacrestia della Cattedrale di Calvi, sono 88. Tra essi, purtroppo, non figura il Vescovo Giusto, perché, come riferito nella premessa, la sua esistenza rimase ignorata fino all'anno 1932 quando, in occasione di alcuni scavi, venne fortunosamente alla luce una lapide tombale, con sopra incisi il suo nome ed il periodo del suo Episcopato: ora, i ritratti dei Vescovi di Calvi furono eseguiti nel 1870, cioè oltre un secolo e mezzo prima.

Fino al 1818, cioè Ino all'anno dell'unione, si contano 77 Vescovi della Diocesi di Calvi.

Dopo tale data, abbiamo 11 Vescovi delle Diocesi unite di Calvi e Teano.

Dei Vescovi di Calvi succedutisi prima dell'unione, purtroppo, si sa ben poco fino a Mons. FABIO MARANTA (1582 1619), valente giurista oltre che zelante pastore, i cui scritti più importanti (i primi giunti fino a noi) sono gli "Atti della S. Visita", la "Platea" (un inventario di tutti i beni della Diocesi) e, soprattutto, un "Sinodo Diocesano", il primo di cui si abbia memoria; queste opere, tutte manoscritte, si sono conservate perché, fortunatamente, sfuggirono all'incendio che nel 1647 il Duca di Maddaloni, Diomede Carafa, per vendetta contro il Cardinale di Napoli, Ascanio Filomarino, fratello dell'allora Vescovo di Calvi, Gennaro Filomarino, appiccò alla Curia di Calvi.

Dopo Mons. Maranta si ricorda appunto Mons. GENNARO FILOMARINO (1623 - 1650) il quale, in seguito ai gravi danni causati dal predetto incendio non soltanto alla Curia, ma anche alla Cattedrale ed all'episcopio, pensò bene di trasportare la Sede vescovile dalla Cattedrale di Calvi, cui era annessa, al centro di Pignataro Maggiore, dando così inizio alla costruzione dell'attuale Palazzo Vescovile ("Episcopio") con la compera di una ristretta casetta.

Alcuni anni dopo, Mons. VINCENZO DE SILVA (1679-1702) vi trasportò anche ciò che dell'Archivio della Curia Diocesana era sfuggito al disastroso incendio.

Nel 1730 Mons. FILIPPO POSITANO (1720 - 1732) comprò altre due casette, site dinanzi al portone e fatte poi da lui stesso demolire, onde facilitare l'entrata e l'uscita della carrozza vescovile.

A Mons. Positano si devono anche l'acquisto e l'adattamento a Seminario di un antico stabile sulla Via Casilina, a destra in direzione Nord, all'ingresso dell'ampio stradone che porta alla Cattedrale romanica di Calvi; l'istituzione, ancora a Pignataro, di un provvidenziale Monte Frumentario per la distribuzione gratuita di sementi ai contadini bisognosi ed, infine, la fondazione del Convento di S. Croce (detto comunemente di S. Pasquale), da lui stesso affidato alla cura dei benemeriti Padri Francescani alcantarini.

Il suo successore, Mons. GENNARO MARIA DANZA (1732 - 1741), Pastore di grande pietà, fece ornare, tra l'altro, di marmi pregiati, I'artistico e monumcntale altare maggiore della Cattedrale di Calvi.

Di Mons. AGNELLO FRAGGIANI ( 1742 - 1756), succeduto a Mons. Danza, si ricorda il trasferimento, effettuato a Pignataro, della Parrocchia dalla Chiesa di S. Giorgio fuori le mura (extra moenia), in località Monte Oliveto, a quella di S. Maria della Misericordia, detta poi Chiesa vecchia, in seguito alla successiva costruzione dell'attuale Chiesa nuova, ad essa adiacente, con l'istituzione di una Collegiata ancora funzionante fino a pochi decenni orsono.

Successore di Mons. Fraggiani fu il Vescovo GIUSEPPE MARIA CAPECE ZURLO, eletto poi Cardinale - Arcivescovo di Napoli, dopo ben 26 anni di fecondo Episcopato nella Diocesi di Calvi.


L'UNIONE DELLE DIOCESI DI CALVI E TEANO

Dopo oltre un decennio di Sede vacante, successore del Cardinale Giuseppe Maria Capece Zurlo fu Mons. ANDREA DE LUCIA che la Provvidenza destinava ad essere anche l'ultimo Vescovo della Diocesi di Calvi e il 1° di quella di Calvi e Teano.

Infatti, il 28 giugno 1818, il Sommo Pontelce Pio VII, con Bolla Apostolica "De utiliore Dominicae", decretava l'unione "aeque principaliter" delle Diocesi di Calvi e Teano. In tal modo, Mons. De Lucia, dopo essere stato per ben 26 anni (1792-1818) I'ultimo Vescovo della Diocesi di Calvi, si trovò ad essere anche, per altri 11 anni (1818-1829), il primo Vescovo delle Diocesi unite di Calvi e Teano.

Nel periodo precedente l'unione, Mons. De Lucia, sulle orme del Cardinale Zurlo, s'interessò molto alla formazione spirituale e culturale dei giovani allievi del Seminario, nonchè al decoro della Chiesa Madre e del Palazzo Vescovile, in Pignataro Mggiore.

Nel Palazzo Vescovile, con elegante gusto estetico, fece ornare di bei disegni e di altrettanto belle decorazioni sia le porte che le pareti ed i soffitti di diverse stanze. Di essi, purtroppo, in seguito al passaggio delle truppe tedesche in ritirata prima e di quelle alleate di occupazione dopo, non è rimasto quasi più nulla.

Nel secondo periodo, s'adoperò in tutti i modi per far seguire all'unione materiale delle due Diocesi anche, e soprattutto, quella morale e spirituale.

Dopo di lui dieci Vescovi si sarebbero succeduti nel governo

Immediati successori di Mons. Andrea De Lucia furono Mons. GIUSEPPE PEZZELLA (1829-1833), eremitano, Mons. GIUSEPPE TRAMA (1834-1837), napoletano, rinunziatario per motivi di salute e Mons . NICOLA STERLINI ( 1840-1860), agrigentino.

Tuttavia, senza nulla togliere alle loro riconosciute benemerenze, (di Mons. Sterlini, in modo particolare), fu senza dubbio durante l'Episcopato del quarto successore, Mons. BARTOLOMEO D'AVANZO, elevato poi alla dignità cardinalizia, che le Diocesi di Calvi e Teano attraversarono un periodo di grande splendore .

 

 

PREGHIERA A SAN CASTO

Glorioso San Casto, Vescovo e Martire, Patrono della nostra Chiesa di Teano-Calvi e Protettore di Calvi Risorta, Tu che hai testimoniato la fede e l’amore a Gesù Cristo in tutta la vita fino all’effusione del Sangue, ottieni a noi, alle nostre famiglie, alla nostra Diocesi la perseveranza nella fede e nell’amore a Dio e ai fratelli in tutti i giorni della vita. Amen.

(Con approvazione ecclesiastica)

S. C A S T O V E C C H I O

e le PIETRE TOMBALI del Vescovo Giusto e di "Celerio Giustiniano"

Lo storico Cerbone (1670) parla della Chiesa più antica di Calvi, quella di "San Casto", in piedi ai suoi tempi, in cui si celebrava la festa il 21 maggio e che con processione terminava nell’attuale cattedrale il 22 maggio. Essa e la zona circostante, oggi come nella tradizione che si perde nella notte dei tempi, è detta "San Casto Vecchia". Lo storico Zona (1800) la descrive già come diroccata e riporta da un antico calendario, e quindi da una tradizione civile e di fede, come "Calepodius Cales episcopus circa annum 307, altare in honorem Sancti Casti, sui praedecessoris, aedificavit, in quo eiusdem Sancti Martiris corpus collocavit, ibique sacrum quotidie faciebat .." e cioè che il Vescovo di Calvi, Calepodio, intorno al 307 d.C., vi fece costruire in onore del suo predecessore, S. Casto, un altare in cui era stato collocato il corpo del Santo Martire e su di esso ogni giorno faceva celebrare la S. Messa. I resti di questa Chiesa si trovano sotto la campata dell’ "Autostrada del Sole" in direzione Nord e dagli scavi condotti per creare sostegno alla carreggiata stradale sono apparsi numerosi loculi, da cui si deduce che essa è una Basilica-cimitero e in quanto tale dedicata ad un Santo Martire, venerato dai fedeli, che non può non essere se non S. Casto sia per ininterrotta, sempre viva e semplice, tradizione orale e scritta (presso la gente ab immemorabili detta "San Casto Vecchia") sia per reperti archeologici. Un importantissimo reperto archeologico, rinvenuto casualmente nel 1932 da un contadino che arava il terreno di proprietà di Antonino Zona nei pressi di questa Basilica-Cattedrale di Calvi, è l’epitaffio del sarcofago del Vescovo Giusto con rozza scritta latina

10.jpg (36350 byte)"Hic requiescit in somno pacis - Iustus Episcopus - qui fuit in episcopatu annos tres - menses XI depositus die mercuri - nonis februari -post consulatum Olibrii Iunioris" e cioè "Qui riposa nel sonno della pace Giusto che fu Vescovo per tre anni ed undici mesi - sepolto il giorno di Mercoledì, 5 febbraio, dopo il Consolato di Olibrio il Giovane".  Il Vescovo Giusto occupò, quindi, come per la cronologia del Console Olibrio il Giovane, la cattedra di S. Casto dal marzo del 488 al febbraio 492 e ciò è la prova inconfutabile dell’esistenza della gerarchia ecclesiastica cristiana nella Diocesi di Calvi nel V secolo. Ancora anteriormente il Mansi recepisce quanto scritto da Sant’Ilario sulla partecipazione di Graziano, vescovo di Calvi al Concilio di Rimini del 359. Inoltre, nel 1949, nella stessa zona della Basilica-Cattedrale di Calvi, "San Casto Vecchio", dove venne trovato il predetto epitaffio del Vescovo Giusto, fu rinvenuta, pure casualmente, un’altra lastra tombale con suscritto: "Hic requie(s)cit in somno pacis Celerius Iustinianus qu(i) vixit annos V; et per ipsum locum vos coniuro (ne) quis (s)uper ipsum ponatur, quia iste locus a prius sanctus est" e cioè: "+ Qui riposa nel sonno della pace Celerio Giustiniano che visse cinque anni; vi scongiuro per lo stesso luogo di non porre un altro sopra di lui stesso perché questo luogo è santo dall'inizio''. Nell’arco di circa cinquanta anni, però, si era persa sia la memoria sia l’ubicazione di questa lapide tombale ed era svanita la sua importanza storica e archeologica. Dopo vicende di mezzo secolo, numerose sono state le ricerche meticolose del Sac. prof. Antonio Santillo, presso gli eredi di Antonino Zona e poi presso gli eredi, i parenti e quanti direttamente o indirettamente furono amici o conoscenti del Dott. Oreste Mancino, per rinvenirla e riscoprirne il valore. Le speranze erano perdute, quando, fatto davvero singolare, provvidenziale e, perché no, misterioso, squillava il telefono cellulare del Vicario don Antonio Santillo, che, insieme ad amici, assisteva ad un concerto dei "BLUE STUFF", che si svolgeva nello spazio antistante la porta laterale della Cattedrale di Calvi, in occasione della Solennità di "San Casto Vescovo e Martire", nel 1930° anniversario del martirio di San Casto (22 maggio 66 d. C.- 22 maggio 1996), intorno alle ore 23.00.   Al "pronto" di don Antonio rispondeva la voce serena e rassicurante del buon Dott. Italo Cotecchia, nipote del Dott. Oreste Mancino: "Don Antonio, so che cercate una lapide, forse l’ho trovata, non so se è quella, comunque è a vostra disposizione". Inutile dire la gioia culturale e le speranze di avercela forse fatta!   Don Antonio, commosso ma felice, ne dava notizia dagli altoparlanti del palco della manifestazione in onore di San Casto a circa un migliaio di persone convenute per il concerto e la Solennità. Il giorno dopo, di sera-quasi notte, il Dott. Italo, unitamente al Dott. Aldo Izzo, al Rag. Mario Marrandino e a Don Antonio, tutti di Calvi Risorta, si recarono in una casa di campagna, non ancora fornita di impianto elettrico, davanti ad una lapide. Il Dott. Cotecchia disse: "È questo ciò che cercate?". Alla luce debole di una pila elettrica Don Antonio, felice, lesse la scritta latina e ne diede la traduzione.  I presenti si resero subito conto di aver ritrovato un reperto archeologico di enorme valore. Il Dott. Italo Cotecchia si rese pronto e disponibile a donare questa lapide tombale alla Cattedrale di Calvi in un’opportuna circostanza, da creare, eventualmente nel mese di ottobre c.a. 1996, unitamente alla A.P.A.C. (Associazione Pubblica Assistenza - Cales), di cui è Presidente. Perché, a nostro parere, l’enorme importanza di questa preziosa lapide tombale? La tradizione orale, a memoria d’uomo mai venuta meno, chiama a tutt’oggi la località del rinvenimento della lapide "San Casto Vecchio". La lapide porta il segno della croce ed è dedicata a "Celerio Giustiniano", un fanciullo di cinque anni. Essa è databile anteriormente all’epitaffio del sarcofago del Vescovo Giusto, 488 d. C., per la dizione strutturale linguistica del latino, per i criteri comparativi, per il contesto tombale di un semplice fanciullo di anni cinque, che esige rispetto logistico, in luogo circostante una Basilica-cimiteriale cristiana. "Celerio Giustiniano" (o i suoi genitori e parenti, cristiani) chiede di non mettere altri resti mortali sulla sua tomba e lo "scongiura per lo stesso luogo" e poi ripete il motivo specifico "quia iste locus a prius sanctus est", "perché questo luogo già da molto prima è santo". L’espressione "a prius" è tipico comparativo avverbiale, con significato "nel tempo antico, presso gli antichi, gli antenati, gli avi" "questo luogo è santo". Trattasi, cioè, di un "luogo santo", "di santità cristiana", risalente "al tempo antico, come presso gli antenati cristiani". La lapide tombale porta la scrittura rozza e imprecisa ed è, quindi, come nei sicuri criteri valutativi, storicamente certa nei contenuti, perché "espressione spontanea e semplice di fede cristiana". Tenendo in considerazione la durata della tradizione degli antenati, che è da considerarsi comunemente di circa due secoli, il "luogo santo da tempi immemorabili", risale, certamente ai secoli I-II d. C., ed il "Santo" di riferimento è di sicuro "San Casto Vescovo e Martire", primo Vescovo della Diocesi di Calvi, ed il "luogo santo" è di sicuro la prima chiesa paleocristiana a Lui dedicata ed eretta su un terreno santificato dal Suo Corpo e irrorato dal Suo Sangue di Martire, al quale, come al suo antico predecessore, il Vescovo Calepodio dedicò successivamente il primo altare in perpetuo e fece erigere la "grande" Cattedrale intorno al 307. Questa lapide tombale di Celerio Giustiniano riporta, quindi, a San Casto, 1° Vescovo della Chiesa di Calvi, che tradizionalmente vanta di essere di origine apostolica, risalente allo stesso S. Pietro, che da Gerusalemme si portava a Roma transitando per la Via Latina attualmente Via Casilina. Al presente, come si diceva, dell'antica Basilica paleocristiana del IV secolo non restano che pochissimi ruderi, in completo abbandono: una parte dell'abside ed una del muro della primitiva facciata. Molti loculi, alcuni senza la pietra di copertura, oggi sono notabili a vista e circuiscono i resti di questa Basilica. Purtroppo i rovi, il totale abbandono, il deposito di immondizie, l’incultura, i tombaroli, il latrocinio, gli scavi sconsiderati e lo scempio degli ignoranti, la noncuranza della Soprintendenza ai Beni Archeologici stanno lentamente ma inesorabilmente cancellando questi preziosi resti di un passato glorioso, patrimonio della fede e della cultura storica dei nostri antenati e di noi medesimi. Sono urgenti, indilazionabili gli scavi da condurre con competenza dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici sia per salvaguardare quanto resta di questa antichissima Chiesa paleocristiana sia per reperire sicuramente testimonianze archeologiche sulla Chiesa di Calvi, certamente risalente ai tempi apostolici.


L' ANNO DEL CONSOLATO DI OLIBRIO IL GIOVANE 

(da una ricerca storica) Nell'epitaffio scolpito sul sarcofago di GIUSTO Vescovo di Calvi si legge che lo stesso morì il mercoledì 5 Febbraio dell'anno successivo al Consolato di Olibrio il Giovane. Orbene negli Annali della Storia di Roma si registrano ben 5 consoli di nome Olibrio distribuiti cronologicamente negli anni 379, 395, 464, 491 e 526. A quali di essi fa riferimento l'epitaffio del vescovo Giusto? Argomentando " per exclusionem ", si ricava facilmente che il Console Olibrio il Giovane, di cui fa menzione il suddetto epitaffio, non può essere altri che quello dell'anno 491. Infatti, per quello che concerne i primi due, cioè il Console Olibrio del 379 e l'altro del 395, oltre alla constatazione che nessuno dei due si trova mai citato con la denominazione "Iunior" ed all'altra non meno importante, che né l'uno né l'altro si trova mai unito al nome del relativo collega nel Consolato (come pur si richiederebbe, perché i Consoli erano due), sta soprattutto il fatto che essendovi stati negli anni immediatamente dopo, cioè negli anni 380 e 396, Consoli regolarmente eletti, non si spiegherebbe al posto dei nominativi di essi, la perifrasi "post Consolatum" con riferimento al Console dell'anno precedente. Per quel che concerne il Console Olibrio dell'anno 464, oltre alla constatazione che neppure egli si trova mai citato con la denominazione "Iunior", sta soprattutto l'uso assolutamente anomalo d'indicarlo con la perifrasi "post Consulatum", mentre nell'anno immediatamente dopo (465) si ebbero due Consoli regolarmente eletti, Ermerico e Basilisco. A questo punto non restano che gli ultimi due, cioè il Console Olibrio dell'anno 491 e l'altro del 526. Orbene, tenuto conto che neanche per il Console Olibrio dell'anno 526 si trova mai la denominazione "Iunior" e che nell'anno successivo al suo Consolato (527) fu regolarmente eletto Console dell'Occidente Mavorzio, per cui non troverebbe spiegazione il ricorso al nome del Console precedente (Olibrio nel caso) invece che a quello dell'anno in corso (Mavorzio, appunto), rimane evidentemente dimostrato che il Console Olibrio il Giovane, di cui fa menzione l'epitaflo inciso sul sarcofago del Vescovo Giusto, non può essere altri che quello dell'anno 491. A conferma, sta il fatto che nell'anno 527 il giorno mercoledì cadde il 3 febbraio e non il 5, come invece richiesto dall'inciso sul sarcofago (die Mercuris (sic) -Nonis Febr.), mentre nell'anno 492 le None di febbraio caddero esattamente in giorno di mercoledì.


acquasa.gif (36621 byte)Acquasantiera laterale

 

 

 

 

 

 

balalat.gif (51726 byte) balaustra

laterale

 

 

 

 

 

intcat.gif (54846 byte)

Interno a. 1960

 

 

 

 

intcat2.gif (38404 byte)

interno a.2000

 

 

 

 

camp2.gif (45164 byte) Il campanile del 1500

 

 

 

 

 

 

 

capit.gif (32858 byte) La cripta abbraccia 21 capitelli con 21 colonne tutti diversi e di spoglio di antiche ville romane

 

 

 


LA CATTEDRALE DI CALVI 

L'edificio risale, probabilmente, all'ultimo quarto dell'XI secolo; siamo, quindi, nella fase di passaggio dal dominio longobardo a quello normanno. La Cattedrale si presenta con una facciata dall'aspetto essenziale, con un semplice paramento murario in tufo, ma abbellita da un bel portale con archivolto scolpito in bassorilievo, raffigurante sequenze di animali e decorazioni vegetali, e terminante alla base con figure umane. Sul lato sinistro della facciata si può notare un altro ingresso, più piccolo, sormontato anch'esso da un arco; al di sopra dell'ingresso si trovava un sarcofago di epoca longobarda, asportato per motivi di sicurezza ma da riportare al più presto in loco per l'usufruizione culturale, nel cui clipeo centrale era raffigurato un busto femminile, forse quello di Gualferada, moglie del conte di Calvi Pandolfo. La parte superiore della facciata è stata, purtroppo, stravolta da interventi settecenteschi che portarono alla realizzazione dei tre finestroni attualmente visibili. L'interno dell'edificio è ripartito in tre navate scandite, forse, in passato da due file di colonne di epoca classica. Attualmente l'aspetto architettonico/decorativo è di chiara derivazione settecentesca. In compenso, l'esterno conserva ancora, soprattutto nel settore absidale, le originarie caratteristiche romaniche. E' possibile, infatti, leggere chiaramente l'articolazione in tre absidi della parte posteriore dell'edificio, con gli archetti pensili utilizzati in funzione di cornice decorativa.


 

LA CATTEDRALE DI CALVI AL TERMINE DEI RESTAURI (1992)

La Cattedrale di Calvi, una volta terminati i lavori di restauro durati parecchi anni, si presenta in una nuova forma più imponente e nello stesso tempo piena di alta spiritualità.

All'apparente minore quantità di luce solare, si è saggiamente supplito con la luce artificiale di potenti fari che mettono maggiormente in risalto le nuove strutture sia del soffitto della navata centrale che dell'abside e delle due navate laterali.

A lavori di restauro ultimati, nella stessa Cattedrale, è stato anche ripristinato il servizio parrocchiale domenicale e festivo, come prima del terremoto.

Attualmente il Sac. Responsabile della Parrocchia "San Casto nella Cattedrale" è il Rev. Prof. Antonio Santillo, docente di Storia e Filosofia nei Licei.

N.B. - Siccome la Cattedrale di Calvi, dichiarata Monumento Nazionale nel 1940, diverse volte era stata fatta oggetto di furti e tentativi di furto, all'inizio dei lavori di restauro si provvide a rimuovere e conservare in luogo più sicuro (dove tuttora si trovano) sia la cattedra Vescovile sia il Pulpito. Purtroppo, durante i lavori di restauro, nella notte dal 4 al 5 settembre 1985, furono trafugati da ignoti la lapide frontale del palio dell'Altare Maggiore, organizzato in decorazioni tipiche del barocco napoletano, due fregi esterni ad esso in marmo capitellato, due putti fiancheggianti il grado ed infine un'acquasantiera con appoggio in marmo. Ultimamente, a lavori di restauro ultimati, si è proceduto a corredare l'intero complesso monumentale di un moderno ed efficiente sistema di allarme.

 


FUSIONE delle due Diocesi unite di Calvi e Teano

In data 30 settembre 1986 la Congregazione per i Vescovi, con proprio decreto, procedeva alla FUSIONE delle Diocesi unite di Calvi e Teano, conferendo al Vescovo Diocesano il mandato di darne esecuzione.

Riportiamo il decreto della Congregazione dei Vescovi e quello di esecuzione in data, quest'ultimo, del 2. 02. 1987:

CONGREGAZIONE PER I VESCOVI

DECRETO sulla piena unione delle Diocesi di Calvi e Teano

Docile ai pressanti inviti del Concilio Ecumenico Vaticano

Il riguardo a una più idonea composizione delle circoscrizioni ecclesiastiche (cfr. C:D: 22-23), la Congregazione per i Vescovi

-che sotto il pontificato di Giovanni XXIII di felice memoria, guidata dalle sue direttive aveva già avviato lo studio di questa questione -- tempestivamente richiamò l'attenzione dei Vescovi d'Italia sul problema della revisione delle Diocesi d'Italia.

Poi, per volere del Sommo Pontefice Paolo VI di felice memoria, questa stessa Congregazione, agendo d'intesa con la CEI e usufruendo della sua attiva collaborazione, più di venti anni fa intraprese con gradualità e sistematicità l'opera di riordinamento delle Diocesi d'Italia, le quali nella comune opinione sono ritenute troppe e non tutte hanno sufficiente vigore a causa dell'esiguità del territorio, del numero di abitanti e delle strutture pastorali. E nell'assolvimento di quel compito sempre fu esteso che in ciascuna Diocesi si manifestasse più chiara la natura della chiesa e che il Vescovo potesse svolgere tutti i suoi uffici idoneamente ed efficacemente, così come sempre più è richiesto dalle necessità religiose, spirituali e morali nonché dai mutamenti socio-culturali oggi in atto.

Le direttive chiaramente impartite dal Concilio sulla revisione delle Diocesi; gli indizi e gli elementi di valutazione dell'azione pastorale offerti dai Vescovi cui è stato affidato il governo di più Diocesi; parimenti le richieste da varie parti presentate alla Santa Sede perché provvedesse all'unità ancora più stretta di tali Diocesi, anzi alla loro piena unione: tutto ciò ha fatto si che tale problema sia stato sottoposto ad un'indagine più approfondita; e per un conveniente esame del problema hanno dato il loro contributo il Consiglio degli Affari pubblici della Chiesa, la Nunziatura apostolica in Italia e la CEI.

Ma ciò che ha reso ancora più urgente ed opportuno lo studio del problema è stato il valore di legge dato il 3-6-1985 alle Norme contenute nel recente Accordo tra la Santa Sede e il Governo italiano; con le quali in effetti si stabilisce che d'ora in poi "la circoscrizione delle Diocesi (...) viene liberamente costituita dall'Autorità Ecclesiastica" (art. 3/1 dell'accordo del 18 febbraio del 1984); e quindi le Diocesi costituite in base al Diritto Canonico possono acquistare personalità giuridica nel Diritto civile italiano (cfr. art.29 delle Norme approvate con Protocollo del 15 novembre 1 984).

Le conclusioni di questi lavori sono state sottoposte al giudizio del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, che nell'udienza del 27 settembre 1986 ha approvato i criteri adottati e ha conferito speciali facoltà alla Congregazione per i Vescovi perché possa procedere all'esecuzione di quanto proposto e all'adempimento di quanto sembri necessario.

In forza del criterio generale con cui si stabilisce la funzione delle circoscrizioni ecclesiastiche finora affidate alla pastorale di un solo Vescovo, anche per le Diocesi di Calvi e Teano la Congregazione per i Vescovi con il presente Decreto determina la loro piena unione.

I) La nuova Diocesi ristrutturata avrà sede in Teano, dove l'attuale Chiesa Cattedrale conserva questo suo titolo.

2) La denominazione della Diocesi sarà "Diocesi di TeanoCalvi" .

3) L'attuale Chiesa Cattedrale di Calvi prenderà il titolo di Concattedrale in ricordo della sua illustre e antica tradizione.

4) Si avrà un solo Capitolo Cattedrale, che sarà il Capitolo della Chiesa Cattedrale della Sede vescovile.

Il Capitolo, invece, della Chiesa Cattedrale dell'altra Diocesi pienamente unita prenderà il nome di Capitolo della Concattedrale.

5) Parimenti unica sarà la Curia vescovile, unico tribunale ecclesiastico, il Seminario, il Collegio dei Consultori, il Consiglio presbiterale, il Consiglio pastorale, l'Istituto per il sostentamento del clero, gli organismi per l'apostolato e qualsiasi altro Istituto diocesano previsto dal vigente diritto canonico, salvo la facoltà del Vescovo di spostare dalla sede della Diocesi e trasferire altrove alcuni uffici amministrativi.

6) I Santi Patroni delle singole Diocesi che vengono fuse saranno venerati come Patroni della nuova Diocesi.

7) I sacerdoti e i diaconi che finora erano incardinati a una delle Diocesi unite, d'ora in poi si ritengono incardinati alla nuova diocesi sorta dall'unione.

8) La nuova circoscrizione ecclesiastica includerà e comprenderà nel suo territorio i territori che oggi appartengono a una diocesi unita.

9) Insieme col territorio delle parrocchie, che finora appartenevano alle singole diocesi unite, si ritengono annessi alla nuova circoscrizione ecclesiastica anche gli istituti ecclesiastici con i loro beni e diritti ad essi comunque spettanti a norma del can. 121 del vigente codice di Diritto Canonico.

Padre e Pastore nel governo della Diocesi continuerà ad essere l'Ecc.mo e Rev.mo Mons. Felice Cece, vescovo di Teano-Calvi, al quale la Congregazione per i Vescovi conferisce il mandato di portare a termine l'esecuzione delle predette disposizioni con tutte le necessarie facoltà.

Assolto il mandato lo stesso Presule redigerà i documenti che trasmetterà in originale alla stessa Congregazione quanto prima, nonostante qualsiasi cosa contraria.

Inoltre egli si premurerà di porre tutto nella giusta luce affinché il provvedimento adottato, rettamente compreso nel suo vero significato, sia accolto da tutti con animo sereno e disponibile a impegnarsi perché, com'è giusto la nuova Diocesi diventi realmente una comunità sempre più intenta a tradurre nella pratica della vita del Regno di Dio e a diffonderlo.

Dato a Roma, dal Palazzo della Congregazione per i Vescovi, 30 settembre 1986.

Bernardin Gantin, Prefetto; Lucas Moreira Neves, O.P., Arc. titolare di Firaldi Maggiore, Segretario


DECRETO DI ESECUZIONE DELLA PIENA UNIONE DELLE DIOCESI DI CALVI E TEANO

In data 30 settembre 1986 la Congregazione per i Vescovi con proprio decreto ha pienamente unito le Diocesi di Calvi e Teano, già unite aeque principaliter fin dal 1818, fondendo entrambe nella Diocesi di Teano-Calvi.

In data 12 gennaio 1987 la stessa Congregazione mi ha trasmesso il decreto conferendomi con le necessarie facoltà il mandato di darne esecuzione nei modi opportuni.

Pertanto con il presente atto stabilisco che il suddetto decreto della Sacra Congregazione per i Vescovi abbia vigore dal 18 febbraio 1987 dopo che ne avrà preso visione il Collegio dei Consultori nella seduta del 12 febbraio 1987.

Per i riflessi liturgici del provvedimento si osservino le "Norme circa le Celebrazioni Liturgiche Proprie delle Diocesi Italiane unificate'' emanate dalla Congregazione per il Culto Divino.

Per gli uffici dell'unica Curia Vescovile della nuova Diocesi ristrutturata dispongo che essi abbiano sede in Teano.

Per intercessione della Madonna dei Lattani e dei Santi Casto e Paride, il Signore benedica la nuova Diocesi di Teano-Calvi e la faccia essere "una comunità intenta a tradurre nella pratica della vita il Regno di Dio e a diffonderlo sempre di più".

Felice Cece - Vescovo

Teano, Festa della Presentazione del Signore 1987.

Col Decreto di FUSIONE delle due Diocesi di TEANO-CALVI, cala definitivamente il sipario sulla piccola ma gloriosa Diocesi di Calvi, una delle più antiche, rimasta autonoma per oltre 18 secoli e solo per poco più di un secolo e mezzo "aeque principaliter" unita alla limitrofa Diocesi di Teano, certo più grande per estensione di territorio e numero di abitanti, ma sicuramente molto meno antica della Diocesi di Calvi, per venerata Tradizione di origine apostolica.

Al Decreto di fusione seguì, da parte dell'Ordinario diocesano, la chiusura definitiva della plurisecolare CURIA VESCOVILE di Calvi e relativi Uffici, sita nei locali dell'Episcopio di Pignataro Maggiore: il Mons. Sac. Francesco Fucile ne era stato, per oltre un ventennio, fino alla sua sofferta chiusura (l987), il modesto Canonico-Cancelliere.


Prot. 1035/86

NORME CIRCA LE CELEBRAZIONI LITURGICHE PROPRIE DELLA DIOCESI ITALIANE UNIFICATE CON DECRETO DELLA CONGREGAZIONE PER I VESCOVI DEL 30 SETTEMBRE 1986

In riferimento al Decreto n. 971/85 del 30 settembre 1986 della Congregazione per i Vescovi, con il quale è stata disposta l'unificazione di varie diocesi italiane, questo Dicastero presenta alcune norme relative alle celebrazioni liturgiche nelle nuove circoscrizioni diocesane.

1. La Chiesa Cattedrale

La chiesa Cattedrale, così detta per la presenza della cattedra del Vescovo, deve essere unica nella diocesi, pertanto la si deve considerare come segno di unità e centro della vita liturgica diocesana (cfr. Caerimoniale Episcoporum, nn. 42-45).

L'anniversario della sua dedicazione è celebrato in tutta la diocesi con il grado di "festum".

2. La Concattedrale

Il menzionato Decreto della Congregazione per i Vescovi stabilisce che le cattedrali delle diocesi preesistenti mantengano, nella nuova entità diocesana, il titolo di Concattedrale.

In essa, a testimonianza della tradizione precedente, si conserva la cattedra, che rimane riservata al Vescovo diocesano, in segno di comunione per tutta la diocesi.

Il Vescovo si recherà - secondo le possibilità e l'opportunità pastorale - nella Concattedrale per presiedere le celebrazioni liturgiche che vi si svolgono con concorso di fedeli, come da tradizioni e consuetudini locali.

Il rito "De Episcopi receptione in sua cathedrali ecclesia" (cfr. Cerimoniae Episcoporum, nn. 1141-1148) è riservato alla chiesa Cattedrale e non va quindi ripetuto nella chiesa Concattedrale. Il nuovo Vescovo diocesano tuttavia non mancherà di recarsi, appena possibile, nella Concattedrale per presiedere una solenne celebrazione liturgica, con la partecipazione del clero e dei fedeli.

Il Capitolo dei canonici curerà la vita liturgica della Concattedrale, così che le celebrazioni liturgiche vi si svolgono nell'esemplarità, secondo lo spirito e le norme della riforma liturgica conciliare.

3. Il Calendario diocesano

a) Celebrazione dell'anniversario della dedicazione della chiesa Cattedrale.

L'anniversario della dedicazione della chiesa Cattedrale, secondo le vigenti norme liturgiche, si celebrerà con il grado di "sollemnitas" nella Cattedrale e di "festum" in tutte le altre chiese della diocesi (cfr. Ordo dedicationis ecclesiae et altaris, cap. II, Praenotanta,n. 26).

L'anniversario della dedicazione della chiesa Concattedrale si celebrerà solo nella Concattedrale e con il grado di "sollemnitas".

b) Santi Padroni.

Secondo quanto stabilito nel decreto della Congregazione per i Vescovi, i Patroni delle diocesi precedenti diventano Patroni della nuova diocesi.

Ci si riferisce ai soli Patroni Principali, i quali pertanto diventano Patroni della nuova circoscrizione diocesana e vi dovranno essere celebrati, nel giorno assegnato a ciascuno di essi dal Calendario, con lo stesso grado liturgico (cfr. Istruzione Calendaria particularia del 24 giugno 1970, n. 9.

c) Altre celebrazioni.

Le altre celebrazioni proprie continueranno ad aver luogo nei territori delle precedenti diocesi, con lo stesso grado che avevano nel rispettivo calendario particolare.

d) Redazione del nuovo Calendario.

In futuro il Vescovo diocesano, nei tempi e modi suggeriti dalla sua prudenza pastorale, e previa consultazione del clero e del popolo (cfr. Istruzione Calendaria particularia, n. 4, provvederà alla redazione di un Calendario proprio della nuova diocesi, secondo le disposizioni date al n. 20 della medesima Istruzione.

Dalla sede della Congregazione per il Culto Divino, 25-10-1986.

+Virgilio Noè

Arciv. tit di Voncaria – Segretario -- PIERO MARINI Sottosegretario